L’11 gennaio 1589, si era appena alzato il Sole quando il filosofo napoletano raggiunse il Ducato di Brunswick e la sua capitale, Braunschweig, con l’abito da laico che aveva dismesso quando aveva lasciato la Francia.
La città gli si mostrò come una classica cittadella militare e, pur tuttavia, Bruno fece un breve giro per presentarsi ad essa e si recò nei principali luoghi di culto visitando la cattedrale di San Biagio, in stile romanico, che risaliva a prima del 1200, e vi si fermò per sentir messa, poi andò alla chiesa di San Martino, della fine del XIII secolo e alla chiesa di Santa Caterina, che doveva essere stata terminata da poco.
Verso le nove uscì dalla città e, ottenuto un passaggio su un carretto da un contadino, raggiunse la vicina cittadina di Wolfenbüttel dove, nel suo castello, come aveva saputo da un chierico che aveva interrogato nella cattedrale, viveva il Duca Giulio.
La Corte del Duca Giulio era totalmente differente da quelle che Bruno aveva frequentato fino a quel momento; niente a che vedere con i fasti del Louvre o di Whitehall e neppure con quelle meno eleganti ma altrettanto affollate e chiassose di altri Principi tedeschi.
Quando Bruno arrivò a destinazione presentò la lettera del Gentili per il Duca Giulio all’ufficiale di guardia che lo fece accomodare in una stanza vicino all’ingresso e si diresse verso il corpo del castello. Dopo una mezz’ora il Nolano vide avvicinarsi un omaccione, coperto con una pelle d’orso, al cui fianco camminavano due donne; la prima, molto alta e bella, incedeva con passo regale e doveva avere circa cinquanta anni ma la sua età era tradita solo dai capelli grigi che le incorniciavano il viso, l’altra invece era una giovane donna di una ventina d’anni, alquanto goffa nei movimenti e con un volto alquanto mascolino e irregolare.
“Benvenuto nel mio Ducato e nel mio castello, professor Bruno” disse il Duca Giulio, poiché proprio di lui si trattava, “… io, mia moglie e mia figlia Elisabeth siamo veramente onorati della vostra visita. Ho letto la lettera di presentazione del professor Gentili ma, sinceramente, non era necessaria. Vi avrei accolto in casa mia comunque. La vostra fama fa il giro delle Corti d’Europa con una velocità vorticosa e diverse opere vostre circolano nelle librerie delle principali città d’Europa. Un paio ne ho lette anch’io… e quelle sono il miglior biglietto di visita che potete mostrare. Solo… credevo che foste più anziano, non potete avere più di quarant’anni!”
“In effetti è proprio la mia età, Vostra Grazia. Ma lasciate che vi ringrazi per l’accoglienza che mi dedicate. Non ne sono certo degno; raggiungermi voi qui… e con il freddo che fa! Inoltre, la presenza della Duchessa e di vostra figlia, qui con voi, mi ricordano l’accoglienza che viene riservata ad un caro parente. Sono sinceramente commosso.”
“Non vi meravigliate più di tanto, signore. Io sono il Duca di Brunswick e di Lüneburg, Principe di Calenberg e Signore di Wolfenbüttel, e sono il primo servitore del mio popolo, ed è giusto che sia io a ricevere un ospite e non l’ospite a dovermi riverire. E non crediate di ritrovare qui i fasti delle altre Corti europee; qui vive solo il Capo di questa comunità con la sua famiglia, e coloro che lo amano e vogliono fargli visita non hanno altro da fare che bussare alla sua porta. Ma adesso spero non vorrete farmi ammalare? Rientriamo nelle mie stanze, davanti al fuoco del camino potremo discorrere con maggior comodità. Seguitemi.”
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